giovedì 10 marzo 2016

Sacerdotessa sarà lei!



La protagonista di Romanzo Rosa, di Stefania Bertola, è Olimpia, una bibliotecaria.
Zitella, di mezza età, si dichiara, nonostante la professione, piuttosto ignorante. Vive con due gatti, si nutre di passati di verdura congelati, ha come estrema forma di trasgressione rari cappuccini al bar. E' passata direttamente dalla castità alla menopausa, avendo conosciuto la passione vera che tutto travolge solo per tre giorni nel lontano 1977. Si è iscritta ad un corso di scrittura creativa per imparare a scrivere romanzi rosa.
Praticamente "una sfigata" come ha concluso con mirabile sintesi una delle colleghe con le quali si sorrideva dell'ennesimo florilegio di stereotipi attraverso il quali viene dipinta la nostra professione.

Insomma non si scappa, il lavoro del bibliotecario sembra essere riservato esclusivamente alle donne descritte per lo più come zitelle malvissute, trasandate e pure un po' racchie oppure nobilitate al rango di sacre vestali del sapere, custodi del tempio, iniziatrici di culti esoterici e misteriosi.
Pennac (sì anche Pennac ha scritto corbellerie) ci descrive così:

Care bibliotecarie, custodi del tempio, è una fortuna che tutti i titoli del mondo abbiano trovato il loro alveolo nella perfetta organizzazione delle vostre memorie (come potrei raccapezzarmi, senza di voi, io che ho una memoria che non vale un soldo?), è prodigioso che voi siate al corrente di tutti i soggetti ordinati nelle scaffalature che vi circondano … ma come sarebbe bello, anche, sentirvi raccontare i vostri romanzi preferiti ai visitatori smarriti nella foresta delle letture possibili … come sarebbe bello che faceste loro omaggio dei vostri migliori ricordi di lettura! Narratrici, siate –maghe– e i libri voleranno direttamente dagli scaffali alle mani del lettore.

E su l'Avvenire dell'otto marzo è uscito un elogio delle bibliotecarie che ci paragona a sacerdotesse   (qui trovate il pezzo)
Meno si leggono libri, più c'è bisogno di bibliotecarie. Donne, se possibile, perché questa è senza dubbio competenza da sacerdotesse. Uomini appassionati di libri, che amano catalogare e custodire e suggerire? Possono pur sempre far da aiutanti alle bibliotecarie, se queste lo consentono. La lettura è un culto che si apprende da piccoli, si affina da giovani, si perfeziona da adulti... Solo una bibliotecaria può sorridere e iniziarli al culto..

Se ne è parlato in questi giorni, soprattutto di quest'ultimo messaggio, di questo omaggio alle bibliotecarie nella giornata della donna. Ci si è divisi fra stufi ed indignati di questi luoghi comuni, di questa ennesima suddivisione in lavori da maschietti e femminucce, di questa idea di una professione simile a quella di "una commessa della Rinascente degli anni '50",  e chi invitava ad accettare l'omaggio alla capacità delle donne di comunicar passioni, e a far uso di ironia e leggerezza.

A questi ultimi chiedo quand'è che, leggermente e ironicamente, come pare sia richiesto alla nostra natura chimerica di zitelle custodi del tempio, di ingrigite vestali, di malvissute e trasandate sacerdotesse, cominciamo a parlare di cosa è, di come è diventata la nostra professione?

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