martedì 20 maggio 2014

Bibliotecario, il mestiere più bello del mondo?

Se avessi scoperto l'ultimo libro di Maria Stella Rasetti, Bibliotecario, il mestiere più bello del mondo, sugli scaffali di una biblioteca o di una libreria, senza saperne nulla, probabilmente il titolo mi avrebbe provocato un discreto attacco di bile.
Il mestiere più bello bel mondo? Ma per favore! Molti di noi (bibliotecari di biblioteca pubblica) sono (siamo) stanchi, demotivati, delusi e disillusi per tantissime ragioni.
Ma siccome conosco personalmente Maria Stella e condivido profondamente la sua concezione di biblioteca  e ho avuto la fortuna di visitare quella che dirige, la San Giorgio di Pistoia, di  vedere come è organizzata, come funziona, su quali principi si basa, di conoscere le persone competenti e preparate che vi lavorano, insomma, sapendo tutto questo, ho ritrovato nell'affermazione del titolo, così positiva e ottimista, tutta la forza e l'entusiasmo e le capacità che la Rasetti sa sempre mettere in campo e molto altro
Quindi se vi aspettate un trattato sul fascino e l'esaltazione romantica del lavoro del bibliotecario  magari  con un tocco di rêverie proustiana suscitata dall'odore della carta  siete completamente (e per fortuna) fuori strada.
Bibliotecario, il mestiere più bello del mondo è innanzitutto un libro che parla di noi, della nostra realtà, delle nostre biblioteche. Con chiarezza estrema senza nascondere gli aspetti critici, quelli nuovi, dettati dalla contingenza della crisi, e quelli vecchi, sedimentati da anni di cattive pratiche e noncuranze
E' un libro che mette al centro della biblioteca la professione bibliotecario:  ma - se può esistere, ed esiste, la biblioteca senza libri - non può esistere la biblioteca senza bibliotecari, perché senza il lavoro di selezione, ordinamento, mediazione, elaborazione e predisposizione degli "oggetti" da consultare, leggere, maneggiare e rielaborare [...] il cittadino entrerebbe in un labirinto rumoroso e ingestibile, freddo e inospitale nel quale sarebbe destinato a perdersi. (p. 24), che ne riconosce il valore, l'importanza e che dice chiaramente come sia necessario restituire piena dignità a questo mestiere.
E' un libro nel quale ho trovato tutte le ragioni dello scontento e delle disillusioni mie e di tanti altri colleghi come me: dalla malevolenza preconcetta di solito riservata ai dipendenti pubblici agli itinerari casuali che in Italia hanno fatto approdare molti al lavoro di bibliotecario, non ultimo il considerare la biblioteca "ultima spiaggia" per gli impiegati comunali più difficili da gestire. Itinerari casuali che fanno sì che spesso nella stessa biblioteca operino professionisti con lauree specifiche ed efficaci percorsi di formazione accanto a chi è stato trasferito da altro ufficio e che spesso porta con sé una dote di forte estraneità e inadeguatezza al nuovo compito (p. 31)
E ancora: dal misconoscimento di questa professione alla esaltazione del ruolo dei volontari come sostituti dei bibliotecari e del loro lavoro e non, come per fortuna in alcuni casi è e dovrebbe essere sempre, come  presenza per la creazione di nuove opportunità che permettano alla biblioteca di relazionarsi con maggior efficacia e profondità con la comunità locale. (p. 56)
Dalla convivenza, non sempre facile, non sempre semplice, all'interno dello stesso servizio di dipendenti pubblici e dipendenti privati, non di rado, purtroppo, con meno diritti e minor stipendio, ai ribassi continui nella gestione delle spese che finiscono per portare ad un peggioramento della qualità e quantità dei servizi erogati.
E, anche se non ho l'entusiasmo di Maria Stella Rasetti riguardo alla forza dell'iniziativa individuale (conta molto anche il contesto in cui ci si muove: ci sono terreni fertili nei quali basta seminare un poco e paludi stagnanti),  in questo libro ho trovato l'evidenza che soluzioni possibili ci sono, che si possono percorrere strade diverse, che in alcuni casi è stato fatto e con ottimi risultati.

Quindi chi dovrebbe leggere questo libro?
Noi bibliotecari, prima di tutto, per riscoprire le ragioni di questa professione senza dimenticarne i problemi, anzi, nonostante i problemi.
E poi chi frequenta le biblioteche e chi non le frequenta,  perché come cittadini, potremmo usare meglio le armi a nostra disposizione (prima di tutto, l'arma pacifica del voto nell'urna) per pretendere buone biblioteche, oltre alle luci accese per le strade di notte e ad una efficace raccolta dei rifiuti; dovremmo smettere di affidare al nostro certificato di residenza la buona sorte di usufruire di servizi così importanti, in un Paese che continua ad offrirli ancora troppo spesso a macchia di leopardo. (p. 50)
E poi fra qualche giorno in molte città (anche quella in cui vivo, Forlì) si vota per l'elezione del sindaco e dei consigli comunali
Raramente le biblioteche trovano spazio nelle campagne elettorali o nei pensieri dei politici (quando avviene spesso noi bibliotecari preferiremmo ripiombare velocemente nell'oblio. Ricordate il crescendo delle dichiarazioni di Renzi nella trasmissione di Fazio, prima, e di Marino, poi, che si proponevano di far lavorare nelle biblioteche uno i disoccupati e l'altro i clochard, senza evidentemente porsi minimamente il problema della professionalità dei bibliotecari?).
Probabilmente è normale che in periodi di crisi (abbiamo mai vissuto noi cinquantenni periodi che non siano stati definiti di crisi?) sia dia la priorità ad altre questioni, chi alimentando speranze (si spera non illusorie) chi soffiando sul fuoco delle paure. Eppure mi piacerebbe che i candidati a sindaco, i futuri assessori alla cultura leggessero questo libro.
Per capire come la cultura (intesa nel senso più ampio di conoscenza, ricerca scientifica e tecnologica, capacità di innovazione e gestione del cambiamento) sia il primo motore dello sviluppo economico, sociale e civile di un Paese (p. 58). E perché si rendano conto che l'inclusione sociale passa attraverso l'accesso alla informazione e alla conoscenza e che l'ignoranza ha costi sociali altissimi, come ci dice Giovanni Solimine in un altro libro appena pubblicato che, anche questo, tutti dovremmo leggere: Senza sapere. Il costo dell'ignoranza in Italia.

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