giovedì 6 novembre 2014

#unlibroèunlibro?

E' partita in questi giorni la campagna #unlibroèunlibro, i cui obiettivi sono (cito dal sito della campagna)

  • Dimostrare che una storia è una storia, indipendentemente dal supporto di lettura.
  • Favorire la diffusione del libro attraverso le nuove tecnologie (il nostro Paese è al penultimo posto in Europa per indice di lettura).
  • Sensibilizzare gli altri Paesi europei sfruttando la presidenza italiana di turno in questo semestre presso l’Unione Europea.
  • Porre fine alla discriminazione tra libro ed ebook prevedendo lo stesso trattamento fiscale, in Italia e in Europa.

Concretamente per aderire si dovrebbe girare il pollice verso il basso, scattarsi una foto e condividerla su Twitter o Instagrama con l'hastag #unlibroèunlibro.

Lo scopo immediato è quello di equiparare l'IVA applicata alla vendita degli  ebook (attualmente al 22%) a quella applicata alla vendita dei libri cartacei (al 4%)

Un paio di cose in ordine sparso:

La campagna è promossa dall'Associazione Italiana Editori ma, dopo aver girovagato per il sito in lungo in largo, non mi risulta ve ne sia menzione. Lo so la notizia è facilmente desumibile da altre fonti, ma visto che eventualmente dovrei fotografarmi col pollice verso mi piacerebbe almeno sapere per chi lo sto facendo.
Su questa sottile ambiguità, ma anche sulle differenze di utilizzo di libri di carta ed ebook potete leggere Il marketing nascosto dell'IVA sui libri di Massimo Mantellini. Mantellini risponde anche a Giulio Mozzi che su Vibrisse ha scritto un pezzo piuttosto polemico sostenendo che la campagna del 4% faccia esclusivamente l'interesse degli editori. "I lettori quindi – che, essendo clienti degli editori hanno il dovere di considerare gli editori come dei nemici: gente che cerca di massimizzare il profitto a spese loro – farebbero meglio ad astenersi. Secondo me."

Ma c'è un'altra questione piuttosto interessante: davvero un ebook è equiparabile un libro di carta? Secondo alcuni addetti ai lavori come, ad esempio Fabrizio Venerandi e Francesco Leonetti le cose non stanno esattamente così.
Saccheggio la pagina Facebook di Leonetti

Mi piace l'iniziativa di promuovere il consumo di prodotti "culturali" anche tramite agevolazioni e incentivi fiscali. Ma non mi piace l'idea che qui si vuole far passare.
Un ebook NON è un libro. Per quanto molti editori, e soprattutto autori, continuando pervicacemente a scrivere ebook riproducendo di fatto il libro di carta, contribuiscano a darci questa impressione: che un ebook sia un book.
No. Un ebook NON è un book. Questo implica:
- che un ebook non deve necessariamente costare meno del libro di carta. Dipende. Se è mera trasposizione del libro di carta, allora dovrebbe essere dato addirittura gratis a chi ha comprato il libro di carta.
- che l'esperienza che si fa con un ebook non è necessariamente identica a quella data dal book. [...]
Ecco, gli ebook, quando non fanno altro che riportare le stesse pagine del libro di carta in un formato digitale, realizzano un assurdo. Però la cosa non viene molto percepita come assurda. Perché è insinuata l'idea che l'ebook è un book. Ma è un'idea sbagliata. È un'idea che vi fa perdere tutto il bello, emozionante, potenziale spettacolo che un vero ebook potrebbe darvi. 

Addenda
non riuscivo a recuperare le cose scritte a Venerandi (probabilmente su Facebook, ho poca memoria) poi mezz'ora fa mi hanno segnalato il suo  Quanta iva dare agli ebook? E gli ebook sono davvero libri? su Nazione indiana.






martedì 4 novembre 2014

Generazione Amazon

Amazon lancia oggi Kindle Unlimited, l'accesso illimitato a oltre 15.000 titoli in italiano e oltre 700.000 in altre lingue  9,99 al mese, da oggi in prova gratuita per un mese.
Fra primi entusiasmi e prime critiche la cosa più significativa su questo fenomeno mi sembra l'abbia scritta Douglas Coupland nel suo romanzo Generazione A, 4 anni fa.

"Tenente, qui c'è scritto che le vendite di libri sono al massimo storico da quando gli umani per comprarli utilizzano una tecnologia chiamata Amazon-punto-com"
"Sono statistiche ingannevoli, signore. Amazon incrementa il bisogno degli umani di possedere libri, ma non necessariamente leggerli."

mercoledì 22 ottobre 2014

Elena Ferrante: mi si nota di più se...

Elena Ferrante è scrittrice molto amata sia in Italia che all'estero. Recensita più volte, e molto positivamente, dal New Yorker, oggetto in Italia di compulsive maratone di lettura da parte di chi, iniziato il primo volume de L'amica geniale, non è riuscito a fermarsi fino alla fine del terzo e attende con impazienza l'imminente uscita del quarto ed ultimo volume.
Inevitabilmente, parlando della Ferrante, si finisce per parlare della sua scelta di vivere nell'anonimato. Di lei si sa solamente che è nata a Napoli e si dice viva in Grecia. Da anni si sostiene che dietro questo nome si nasconda in realtà lo scrittore Domenico Starnone che più volte ha smentito.
Negli ultimi giorni sono usciti due articoli proprio su questa scelta di vivere appartati, di parlare solo attraverso le proprie opere. Uno su La Stampa, Il caso Ferrante, il romanzo italiano secondo il New Yorker, di Paolo Di Paolo e l'altro su The Guardian, Who is the real Italian novelist writing as Elena Ferrante?

Da una parte, su The Guardian, si ripercorrono le ragioni di una scelta, a partire da una lettera inviata nel 1991 dalla scrittrice alla sua editrice, Sandra Ozzola, e pubblicata ne La frantumaglia, fino alla ennesima smentita di Domenico Starnone. E le parole che la scrittrice Jhumpa Lahiri rivolge idealmente alla Ferrante: "Che meraviglia, il fatto che lei sia una scrittrice che riesce a comunicare con il mondo soltanto tramite le sue parole, soltanto tramite la letteratura." (trovate il testo integrale, pubblicato sul Corriere della Sera qui).
Insomma un articolo semplice ma documentato che fornisce informazioni, che permette di farsi un'idea e che dà conto anche del pezzo di Paolo Di Paolo che appartiene invece al genere "rancorosa stroncatura".
In pratica, dati per conosciuti i fatti, Di Paolo sostiene che con la Ferrante la mano della critica sia leggera proprio per il suo nascondersi, il suo non apparire. Critici come Fofi, Guglielmi "l’hanno omaggiata, ma non prenderebbero in considerazione con la stessa serietà romanzi di autrici non così dissimili da Ferrante, per tematiche e stile, come Cristina Comencini, Simonetta Agnello Hornby o Sveva Casati Modignani"
E poi un sistema infallibile: l'estrapolazione di una frase (mi aveva smosso la carne senza smuovere la sua, brutto stronzo) per dimostrare la scarsa qualità letteraria di un'autrice.
"Se le scrive la Mazzantini non vanno bene; se le scrive la Ferrante sì. Ma la forza di Ferrante è, più che nei suoi libri, nel suo non esserci, la sua distanza abissale da tutto: nessuno l’ha mai vista, nessuno l’ha mai intervistata di persona, nessuno l’ha mai incrociata per caso, come perfino al vecchio eremita Salinger era accaduto al supermercato."
Insomma saremmo al dilemma di Ecce Bombo: Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?

Al di là di quello che si può pensare di questa scrittrice, del giudizio che noi lettori possiamo dare dei suoi libri (per mia parte devo dire di non aver ancora letto la tetralogia de L'amica geniale, ma di aver molto amato i romanzi precedenti: L'amore molestoI giorni dell'abbandonoLa figlia oscura) è davvero così importante sapere che faccia abbia la Ferrante, sapere quale sia il suo vero nome? E' proprio vero, come sostiene Di Paolo, che  "il gioco degli pseudonimi in letteratura è lecito - ma che - in quanto gioco, è infinitamente meno interessante di una vita, di una faccia, di un’esperienza reale".

E se invece avesse ragione Marilena Puggioni, collega, lettrice appassionata della Ferrante e amica a distanza di tante letture:
"A me pare di conoscere molto più la Ferrante di tanti altri scrittori e scrittrici che vanno a fare tanto lo gna gna alle presentazioni dei loro libri ma non dicono un benemerito c...o di loro, o che possa tornare utile per noi. Narcisimo allo stato puro e boh, ci danno solo frivolezze"


Scrivendo queste righe mi sono accorta che tutte le copertine dei libri della Ferrante (quelle italiane per lo meno) sono illustrate con persone viste di spalle o senza testa. Anche loro, come l'autrice,  sfuggono alla identificazione, alla condanna di essere riconoscibili.

mercoledì 1 ottobre 2014

Nativi cartacei

Ieri Matilde, la dodicenne, mi ha chiesto se potevo comperarle un libro che aveva già letto in versione ebook durante l'estate.
La cosa mi ha incuriosito e ho cominciato a farle domande: perché vuoi un libro che hai già letto? Se vuoi puoi rileggerlo sull'ereader. Mi avevi detto che volevi ti regalassi un ereader tutto tuo e che ti piacevano gli ebook, hai cambiato idea?
Mi ha chiesto se la stavo "intervistando"  per il blog (e mi ha magnanimamente autorizzato a pubblicare le sue risposte) e mi ha detto che le piaceva leggere gli ebook questa estate in vacanza perché era comodo e poi non aveva più nulla di carta da leggere, che i libri anche se li ha letti le piace averli (e mi ha fatto notare che in passato le ho comperato libri che aveva preso a prestito in biblioteca e che le erano piaciuti) e che per lei in qualche modo (anche se non sa spiegare come)  libro di carta ed ebook sono diversi.
Poi mi ha detto che i libri, piuttosto che in libreria o in biblioteca, preferisce sceglierli su internet dove può leggere la trama e i commenti di chi li ha già letti e che di solito guarda su Amazon (sito passatempo per lei dove cerca di tutto ed è anche riuscita ad ordinare, per sbaglio, vermi da pesca) e poi su siti delle case editrici.
Le conclusioni? Non lo so l'unica che mi viene in mente è che in casa ci son più libri da spolverare.

lunedì 18 agosto 2014

Lei è la sorella? E da quanto tempo? (Totò)

Mi sono distratta un attimo e nel frattempo Anobii si è trasformato da social network dedicato alla lettura  in congregazione religiosa. Il direttore, Edoardo Brugnatelli, Mondadori, infatti sulla pagina facebook della setta, pardon della religione, sì insomma della congregazione, scrive (o si fa scrivere) simpatici e spigliati post chiamandoci sorelle e fratelli in Anobii.
Provo a resistere alla poco signorile tentazione di mandare a quel paese il capo della confraternita e mi leggo il suo post: due refusi in sette righe, la parola figli/figlio ripetuta quattro volte: insomma una sciatteria sconsolante. 
È chiedere troppo che un editor scriva (o si faccia scrivere) post corretti in un italiano decente?  Ed avere una linea editoriale che non faccia sembrare la pagina riempita a caso?
Ed infine è possibile avere un tono informale ma che non evochi fasulle e ipocrite fratellanze o sorellanze, che non ammicchi e che sia invece rispettoso dei lettori?


mercoledì 6 agosto 2014

Gli italiani e la lettura

Rendo note alcuni nuovissimi dati, risultati di una recente indagine* sugli italiani e la lettura.
Questa indagine mette in luce una controtendenza, un vero e proprio cambiamento di rotta rispetto alle notizie cui eravamo da tempo abituati al punto da rendere del tutto superati i precedenti catastrofici  dati ISTAT e Nielsen.
Sintetizzando gli italiani leggono, leggono moltissimo, sia libri cartacei che digitali, con una decisa predilezioni per questi ultimi.
La narrativa ha certamente un ruolo di primo piano, sia per quanto riguarda I classici (Anna Karenina, Il maestro e margherita, Il Gattopardo) che la contemporanea. Molto apprezzati i gialli di Markaris, i libri di Carlotto. La narrativa giapponese in toto viene invece vista con pochissimo favore.
Apprezzata anche la saggistica di tema geopolitico, politico (si segnala il volume di Greenwald sul caso Snowden) ed economico.

Gli italiani e la lettura cartacea
Il 29% degli intervistati sta leggendo o ha letto nell'ultima settimana libri di carta (scolastica esclusa)
Di questi, l'80% sono nella fascia di età 11 - 15 anni
Nell'ultima settimana non è stato acquistato nessun libro cartaceo

Gli italiani e la lettura digitale
Il 41% degli intervistati possiede un ereader e lo sta utilizzando per più ore al giorno.
Di questi, il 14% ne possiede più di uno
Il 43% degli ereader posseduti vengono utilizzati da più di una persona.
Il 50% degli intervistati nell'ultima settimana ha acquistato almeno un ebook


* L'indagine è stata condotta su un campione di 17 italiani di età compresa fra gli 11 e i 58 anni, 6 uomini e 11 donne, con titolo di studio dalla licenza elementare alla laurea, domiciliati per alcuni giorni sotto un pergolato su una isola greca dell'estremo Egeo orientale.

domenica 20 luglio 2014

Scriversi addosso

Ho fatto un giro in spiaggia oggi, sotto gli ombrelloni, per sbirciare cosa leggesse la gente. Risultato sconsolante: in tutto il bagno due libri di Malvaldi, uno della Casati Modignani, uno della Lackberg, alcune riviste di gossip, del tutto assenti i quotidiani. Il mio vicino di ombrellone leggeva un flipback Mondadori quella cosa che si legge in verticale e si sfoglia con una sola mano e che, secondo gli strateghi di Segrate costituisce "la soluzione perfetta per chi persegue il piacere della lettura su carta nelle pieghe di uno stile di vita sempre più incalzante e dinamico". A parte che io dopo  termini come stile di vita incalzante e dinamico mi immagino la pubblicità di un deodorante o di un multivitaminico, magari di uno yogurt probiotico, non sapevo che gli stili di vita li facessero con le pieghe e che nelle pieghe si annidasse il piacere della lettura. E forse questo benedetto piacere della lettura si annida e nasconde così bene che non ha nessuna voglia di farsi trovare e perseguire da slogan così insulsi e banali,

Ma ritorniamo alle letture da spiaggia: pochi libri, pochissimi, ma molto da leggere: tatuati sulle schiene e sulle pance, sugli avambracci e sui polpacci, sulle cosce e sulle mani versi, frasi, motti, aforismi, intere poesie.
Ho riconosciuto un paio di citazioni da Shakespeare, un immancabile pensiero dal Piccolo Principe, frasi da Baci Perugina, pensieri sconnessi, qualcosa che riecheggiava Neruda.
Insomma io non capisco bene questo desiderio di scriversi addosso, di farsi leggere, di farsi libro. Una signora mi ha detto che si tatua frasi che le ricordano momenti particolari della vita. Che incide sulla pelle quello che l'ha incisa dentro. Ho pensato che non è molto diverso da quello che succede a molti quando leggono: cercano nei libri (o magari non lo cercano,  ma lo trovano, quasi per caso, oppure lo cercano ma non sanno che lo stanno cercando) quello che la vita ha loro inciso dentro e lo portano alla superficie

Magari cercherò di capire meglio leggendo qualche libro sui tatuaggi. E guardando un paio di film come
Alabama Monroe e Nemici per la pelle

martedì 17 giugno 2014

E la chiamano estate

Biblioteca presa d'assalto in questi giorni. Dai genitori degli studenti condannati alle letture estive e dai recalcitranti figli. Molti vengono  per la prima volta, indirizzati dagli insegnanti. E si vorrebbe aver più tempo per spiegare che sì i libri li prestiamo gratis e che prestiamo gratis anche i dvd. E che i libri e i dvd che prestiamo non ci vengono regalati ma li acquistiamo. E che questo è possibile (con sbrigativa semplificazione) grazie alle tasse che tutti paghiamo o dovremmo pagare. E no signora, non è uno spreco comperare libri per la biblioteca coi soldi delle tasse e magari, se smette di parlare al cellulare mentre iscrivo sua figlia, glielo spiego per bene.
E invece tocca andar di fretta  e si corre il rischio di perdere i contatti con questi nuovi frequentatori, quelli più difficili da raggiungere, capitati per caso, inconsapevoli, che non sanno cosa possono trovare in biblioteca, e se può tornare loro utile in altri momenti oltre a quello di un occasionale prestito estivo. Quelli insomma al di fuori del gran tour della biblioteca, il cui pacchetto all inclusive  prevede  lettura animata o laboratorio, iscrizione e prestito forzoso e che è la principale forma di "reclutamento" di nuovi iscritti.

Quanto alle letture estive, nulla di nuovo, è il caso di dirlo, sotto il sole. Nulla di diverso da quanto, in tanti, diciamo da anni (qui e qui).
Mi limito a chiedermi se un libro come Se questo è un uomo di Primo Levi possa essere consigliato  sia a dodicenni che a diciottenni.
E mi sembra che Jumpinshark descriva molto bene quel corto circuito fra piacere e dovere che è proprio delle famigerate letture esitve:

Quello che mi infastidisce è il dover leggere per piacere: dicono che leggere è bellissimo, un divertimento, una scoperta, quasi una magia, e tolgono ogni scoperta e rovinano buona parte del divertimento assegnandomi, come per magia, i libri. Rispetto l'autorità ma mi sento ingannato: se sono cose che devo fare (e farmele piacere) si dica onestamente che sono "compiti"

Alessandro Gazoia, Come finisce il libro. Contro la falsa democrazia dell'editoria digitale, Minimum fax, 2014

martedì 10 giugno 2014

Marx e la polvere dell'anima

In rete, su facebook, twitter si moltiplicano le citazioni dedicate alla lettura al suo valore, alle sue virtù talvolta taumaturgiche o di elevazione spirituale.

Ne ho raccolte un po' ultimamente, ve le propongo qui sotto

"I libri lavano via dall'anima la polvere di tutti i giorni"
 Sinceramente lavassero via di casa la polvere di tutti i giorni, se ne potrebbe riparlare

"I libri sono specchi: riflettono ciò che abbiamo dentro".
Carlos Ruiz Zafón

“Questo devono fare i libri, portare una persona e non farsi portare da lei, scaricarle il giorno dalla schiena, non aggiungere i propri grammi di carta alle sue vertebre…” (Erri De Luca)

"Se desideriamo raggiungere una vera comunione con la creatura amata, il mezzo più certo è di leggere nello stesso tempo il medesimo volume, comunicando con lei attraverso le parole di un altro". (Pietro Citati)

"I libri mi riempivano il cranio e mi allargavano la fronte. Leggerli somigliava a prendere il largo con la barca, il naso era la prua, le righe onde"

"La lettura è il viaggio di chi non può prendere un treno".

"Un libro è un giardino che ci portiamo con noi in tasca"

"I libri ci conducono nelle loro anime e ci aprono di fronte a noi i nostri segreti"

Immagino che queste massime vengano postate con l'intenzione di attirare nuovi lettori ma sinceramente non credo che con la loro retorica, il loro tono spesso dolciastro, estrapolate dal contesto, non di rado di dubbia attribuzione, abbiano mai convinto qualcuno ad aprire un libro, abbiamo mai forgiato nuovi adepti alla religione della lettura.
Probabilmente hanno invece l'effetto di solleticare la vanità di chi lettore lo è già, convincendolo, o corroborando la sua convinzione, di essere particolarmente sensibile e dalla mente aperta.

Io, terra terra, preferisco la massima attribuita a Marx, Groucho Marx:

"All'infuori del cane, il libro è il migliore amico dell'uomo. Dentro il cane è troppo scuro per leggere"

martedì 20 maggio 2014

Bibliotecario, il mestiere più bello del mondo?

Se avessi scoperto l'ultimo libro di Maria Stella Rasetti, Bibliotecario, il mestiere più bello del mondo, sugli scaffali di una biblioteca o di una libreria, senza saperne nulla, probabilmente il titolo mi avrebbe provocato un discreto attacco di bile.
Il mestiere più bello bel mondo? Ma per favore! Molti di noi (bibliotecari di biblioteca pubblica) sono (siamo) stanchi, demotivati, delusi e disillusi per tantissime ragioni.
Ma siccome conosco personalmente Maria Stella e condivido profondamente la sua concezione di biblioteca  e ho avuto la fortuna di visitare quella che dirige, la San Giorgio di Pistoia, di  vedere come è organizzata, come funziona, su quali principi si basa, di conoscere le persone competenti e preparate che vi lavorano, insomma, sapendo tutto questo, ho ritrovato nell'affermazione del titolo, così positiva e ottimista, tutta la forza e l'entusiasmo e le capacità che la Rasetti sa sempre mettere in campo e molto altro
Quindi se vi aspettate un trattato sul fascino e l'esaltazione romantica del lavoro del bibliotecario  magari  con un tocco di rêverie proustiana suscitata dall'odore della carta  siete completamente (e per fortuna) fuori strada.
Bibliotecario, il mestiere più bello del mondo è innanzitutto un libro che parla di noi, della nostra realtà, delle nostre biblioteche. Con chiarezza estrema senza nascondere gli aspetti critici, quelli nuovi, dettati dalla contingenza della crisi, e quelli vecchi, sedimentati da anni di cattive pratiche e noncuranze
E' un libro che mette al centro della biblioteca la professione bibliotecario:  ma - se può esistere, ed esiste, la biblioteca senza libri - non può esistere la biblioteca senza bibliotecari, perché senza il lavoro di selezione, ordinamento, mediazione, elaborazione e predisposizione degli "oggetti" da consultare, leggere, maneggiare e rielaborare [...] il cittadino entrerebbe in un labirinto rumoroso e ingestibile, freddo e inospitale nel quale sarebbe destinato a perdersi. (p. 24), che ne riconosce il valore, l'importanza e che dice chiaramente come sia necessario restituire piena dignità a questo mestiere.
E' un libro nel quale ho trovato tutte le ragioni dello scontento e delle disillusioni mie e di tanti altri colleghi come me: dalla malevolenza preconcetta di solito riservata ai dipendenti pubblici agli itinerari casuali che in Italia hanno fatto approdare molti al lavoro di bibliotecario, non ultimo il considerare la biblioteca "ultima spiaggia" per gli impiegati comunali più difficili da gestire. Itinerari casuali che fanno sì che spesso nella stessa biblioteca operino professionisti con lauree specifiche ed efficaci percorsi di formazione accanto a chi è stato trasferito da altro ufficio e che spesso porta con sé una dote di forte estraneità e inadeguatezza al nuovo compito (p. 31)
E ancora: dal misconoscimento di questa professione alla esaltazione del ruolo dei volontari come sostituti dei bibliotecari e del loro lavoro e non, come per fortuna in alcuni casi è e dovrebbe essere sempre, come  presenza per la creazione di nuove opportunità che permettano alla biblioteca di relazionarsi con maggior efficacia e profondità con la comunità locale. (p. 56)
Dalla convivenza, non sempre facile, non sempre semplice, all'interno dello stesso servizio di dipendenti pubblici e dipendenti privati, non di rado, purtroppo, con meno diritti e minor stipendio, ai ribassi continui nella gestione delle spese che finiscono per portare ad un peggioramento della qualità e quantità dei servizi erogati.
E, anche se non ho l'entusiasmo di Maria Stella Rasetti riguardo alla forza dell'iniziativa individuale (conta molto anche il contesto in cui ci si muove: ci sono terreni fertili nei quali basta seminare un poco e paludi stagnanti),  in questo libro ho trovato l'evidenza che soluzioni possibili ci sono, che si possono percorrere strade diverse, che in alcuni casi è stato fatto e con ottimi risultati.

Quindi chi dovrebbe leggere questo libro?
Noi bibliotecari, prima di tutto, per riscoprire le ragioni di questa professione senza dimenticarne i problemi, anzi, nonostante i problemi.
E poi chi frequenta le biblioteche e chi non le frequenta,  perché come cittadini, potremmo usare meglio le armi a nostra disposizione (prima di tutto, l'arma pacifica del voto nell'urna) per pretendere buone biblioteche, oltre alle luci accese per le strade di notte e ad una efficace raccolta dei rifiuti; dovremmo smettere di affidare al nostro certificato di residenza la buona sorte di usufruire di servizi così importanti, in un Paese che continua ad offrirli ancora troppo spesso a macchia di leopardo. (p. 50)
E poi fra qualche giorno in molte città (anche quella in cui vivo, Forlì) si vota per l'elezione del sindaco e dei consigli comunali
Raramente le biblioteche trovano spazio nelle campagne elettorali o nei pensieri dei politici (quando avviene spesso noi bibliotecari preferiremmo ripiombare velocemente nell'oblio. Ricordate il crescendo delle dichiarazioni di Renzi nella trasmissione di Fazio, prima, e di Marino, poi, che si proponevano di far lavorare nelle biblioteche uno i disoccupati e l'altro i clochard, senza evidentemente porsi minimamente il problema della professionalità dei bibliotecari?).
Probabilmente è normale che in periodi di crisi (abbiamo mai vissuto noi cinquantenni periodi che non siano stati definiti di crisi?) sia dia la priorità ad altre questioni, chi alimentando speranze (si spera non illusorie) chi soffiando sul fuoco delle paure. Eppure mi piacerebbe che i candidati a sindaco, i futuri assessori alla cultura leggessero questo libro.
Per capire come la cultura (intesa nel senso più ampio di conoscenza, ricerca scientifica e tecnologica, capacità di innovazione e gestione del cambiamento) sia il primo motore dello sviluppo economico, sociale e civile di un Paese (p. 58). E perché si rendano conto che l'inclusione sociale passa attraverso l'accesso alla informazione e alla conoscenza e che l'ignoranza ha costi sociali altissimi, come ci dice Giovanni Solimine in un altro libro appena pubblicato che, anche questo, tutti dovremmo leggere: Senza sapere. Il costo dell'ignoranza in Italia.

venerdì 9 maggio 2014

Condannati a leggere

La giunta della regione Calabria nei giorni scorsi ha approvato una proposta di legge, Più leggi meno stai in carcere, in base alla quale i detenuti con pena superiore ai sei mesi potranno avere uno sconto di pena di tre giorni per ogni libro letto, fino ad un massimo di 16 libri l'anno pari a 48 giorni.
La proposta avrebbe lo scopo, secondo l'assessore alla cultura della regione, di promuovere la lettura dal momento che questa è "uno straordinario antidoto al disagio e favorisce la consapevolezza e il riscatto sociale e personale". L'idea non è originale e si rifà ad un progetto analogo il  "Reembolso atraves da leitura" che in Brasile è applicato dal 2012 e che, sempre secondo l'assessore, avrebbe dato ottimi risultati.
A parte la curiosità di capire come siano stati misurati questi risultati e nonostante i nobili scopi che questo progetto si prefigge non riesco a non avere qualche  perplessità su questa iniziativa
La prima obiezione è sulla evidente disparità che un sistema come questo crea all'interno del carcere stesso. Fra chi ha un livello culturale e di istruzione tale da consentirgli di leggere fino a 16 libri in un anno e chi invece non ce l'ha.
Se volete farvi un'idea del livello di istruzione della popolazione carceraria in Italia guardate i dati del Ministero della Giustizia, circa il 28% dei detenuti censiti hanno al massimo la licenza di scuola elementare quando non sono privi di titolo di studio o analfabeti.
Le dotazioni delle biblioteche saranno "costituite da libri e periodici scelti secondo criteri che garantiscano una equilibrata rappresentazione del pluralismo culturale esistente nella società", come recita l'art. 21 del d.p.r. 230/2000 e cioè regolamento di esecuzione della Legge 354/1975 che prevede esplicitamente la presenza di una biblioteca in ogni istituto penitenziario? (qui trovate alcuni dati sullo stato dell'arte)

Oltre a questo, secondo il progetto, i detenuti per poter usufruire dello sconto di pena, dovranno dimostrare di aver letto il libro e saranno seguiti in questo percorso dagli educatori carcerari che esamineranno volta per volta la loro preparazione sull'argomento probabilmente attraverso la scrittura di recensioni (come in Brasile) o questionari, domande, interrogazioni.
In pratica in un ambiente dove tutto è norma, prescrizione, regolamento si aggiunge un'altra tessera di mosaico che va nella stessa direzione: lettura coatta, sottoposta a controllo, ispezionata, verificata.
Insomma non riesco a non pensare che la lettura, così, più che una forma di riscatto sociale e personale (ammesso che voglia  dire qualcosa) sia una forma di aggravamento della pena.


Non credo che le biblioteche nelle carceri siano come quella che ha descritto Sandro Bonvissuto nel suo bel libro Dentro, (descrizione che trascrivo qui sotto), voglio sperarlo, me lo auguro.
Penso però che la promozione della lettura (tanto dentro che fuori dal carcere) ed eventuali riscatti personali e sociali passino più attraverso biblioteche ben fornite, con facilità di accesso e lunghi orari di apertura e personale preparato, che attraverso forme di costrizione ammantate di nobili ideali.

"La biblioteca stava al piano di sotto. Era una stanza con delle mensole vuote, una scrivania, pure quella vuota di ogni cosa. E una sedia. In certi giorni stabiliti, che nessuno aveva mai capito bene quali fossero, era previsto che venisse un volontario per distribuire i libri ai detenuti. Una volta, durante l'ora d'aria, mi capitò di trovare quella stanza aperta. Allora decisi di entrare per prendere un libro in prestito. [...] Mi guardai intorno cercando i libri. Sugli scaffali però c'era un solo volume. La cosa mi parve assurda, ma poi mi vennero in mente altre cose che avevo visto lì dentro molto più assurde di quella e decisi di dire all'incaricato che desideravo un libro in lettura. Quello rispose che andava bene. Allora chiesi quali libri fosse possibile avere in prestito. L'incaricato si alzò dalla scrivania, rispose che avrebbe controllato. Scorse con lo sguardo tutta la libreria come se fosse piena. e lo fece lentamente, quasi si stesse impegnando davvero a leggere i titoli sugli scaffali. Poi si girò verso di me e, costernato, disse che purtroppo era disponibile un solo libro: il Don Chisciotte di Miguel de Cervantes Saavedra. Era stato donato all'istituto di pena da un ex direttore. Risposi che avrei preso quello. [...]Intanto il volontario si era appuntato il prestito del Don Chisciotte su un'agenda qualunque, di quelle di uno o due anni prima con sopra il marchio di qualche banca di provincia che non sai nemmeno se esista davvero. Poi mi consegnò il volume augurandomi buona lettura.Me lo rigirai tra le mani. Era tutto strappato, mancavano la copertina e molte pagine. Chiesi perché fosse ridotto in quelle condizioni. Senza nemmeno guardarmi, mi rispose che una circolare interna dell'istituto aveva vietato che girassero libri con la copertina rigida. Così l'avevano dovuta togliere. E insieme alla copertina se n'erano andate, col tempo, diverse pagine. Mancava anche l'incipit. Per fortuna lo sapevo a memoria."
Sandro Bonvissuto, Dentro, Einaudi, 2012

domenica 4 maggio 2014

Raccomandazioni poco raccomandabili

Antonio e Sabrina, i due bravissimi e altamente raccomandabili bibliotecari della biblioteca Pellegrino Artusi di Forlimpopoli, hanno stilato una paginetta di indicazioni contro le raccomandazioni "poco raccomandabili" che spesso circolano nelle sezioni ragazzi delle biblioteche.
Poche semplici parole ma significative sulla libertà di lettura, di rilettura, di scelta, di abbandono, sulla lettura come piacere e sul frequentare la biblioteca come diritto e sul diritto di frequentarla ad alta voce.


domenica 23 marzo 2014

Tutto va ben, madama la marchesa

Volevo scrivere un post sugli ultimi sconsolanti dati Nielsen sulla lettura: crollo sia della percentuale di lettori di libri (dal 49% al 43% in due anni) che di acquirenti (dal 44% al 37% sempre in due anni), li potete leggere qui, sul sito del Cepell, poi ho trovato in giro analisi molto interessanti e migliori di quelle che avrei potuto scrivere io.
Le riflessioni di Gino Roncaglia (le trovate sul suo profilo facebook) sulla granularità e frammentarietà dei contenuti multimediali che su social network e dispositivi mobili fanno concorrenza alla lettura "tradizionale" senza che, per il momento, si siano diffuse forme di "testualità digitale complessa" come gli enhanced book.
Quelle apocalittiche (e in ogni caso si tratterebbe di apocalisse annunciata da moltissimo tempo) di Loredana Lipperini sulla perdita della capacità di lettura e quelle di Luca Sofri sulla sempre maggiore  marginalità del libro nella nostra società.

Insomma consapevole di non aver nulla di particolarmente interessante da dire sulla questione sono uscita e sono andata a fare un giro in libreria dove mi sono imbattuta in questa meraviglia fresca fresca di stampa: Come diventare marchesa ed esserlo in tutte le occasioni della vita.
Ha ragione Dino Baldi: La passione degli italiani per la lettura è veramente inspiegabile

martedì 11 marzo 2014

Mondadori compra Anobii

Mondadori acquista il social network Anobii (qui il comunicato stampa della Mondadori)

Aprendo la home page oggi appare questo annuncio:
Siamo entusiasti di annunciare che Anobii entra a far parte del Gruppo Mondadori. La nostra missione è da sempre quella di dar vita a una comunità dove i lettori di tutto il mondo possano condividere, approfondire e alimentare la loro comune passione per la lettura e i libri. Con questo accordo abbiamo finalmente le risorse per portare avanti questa missione in modo ancora più incisivo. Presto vi racconteremo lo sviluppo del progetto e io sarò personalmente in Italia nei prossimi giorni per rispondere a tutte le domande e le curiosità. Se volete parlarne su Twitter, l’hashtag è naturalmente #anobii
Greg Sung - Founder of Anobii

Cosa abbia acquistato ed esattamente da chi non l'ho capito, mi sono persa nei passaggi precedenti che riassumo brevemente.
Fondato nel 2006, appunto da Greg Sung, nel 2010 viene rilevato dal gruppo HMV con HarperCollins, Penguin and Random House.
L'allora amministratore delegato del social network, Matteo Berlucchi, annuncia una serie di importanti cambiamenti: un incremento dell'aspetto social e una versione beta che prelude alla trasformazione di Anobii in canale di vendita (se ne parlava qui).
Non se ne fa nulla e all'inizio del 2013 dopo Anobii viene acquistata da Sainsbury alla simbolica cifra di una sterlina (leggi qui) e trasformata in una piattaforma di vendita nel Regno Unito, mentre il social network, abbandonato a se stesso, comincia a languire e presentare numerosi malfunzionamenti.
Lo scorso settembre gli anobiani possono leggere una mail che è un capolavoro di traduzione automatica e sgrammaticature varie nella quale vengono informati che Anobii non verrà sostituito da una nuova versione e che verrà migliorata ed implementata quella esistente.
Se questo è lo stato dell'arte più complesse sono le implicazioni. Ne dà un bel quadro Jumpinshark su Minima&Moralia che parla del ritardo con cui avviene questa operazione rispetto ad altre analoghe (Amazon ha acquistato Goodreads un anno fa) e del fatto che quello che si è comprato sono gli utenti italiani, anzi il ricordo degli utenti italiani nel momento di maggiore spinta verso l’alto (fine 2009-primi mesi del 2010), lettori forti che amano il libro di carta e non sono però troppo contrari al digitale (usano un sito di social networking per i libri). Lettori che fanno un sacco di lavoro per gli autori amati e danno un mare di informazioni su di sé.
E bisognerà ovviamente vedere cosa avrà intenzione di fare Mondadori di queste informazioni e di questi dati, se penserà ad una integrazione di Anobii con Kobo, analogamente a quanto avviene fra Kindle e Goodreads, e se questa avrà ancora senso.

Da leggere a questo proposito anche il commento di Gino Roncaglia, apparso sulla sua pagina fecebook, che, alla luce di questa acquisizione, si interroga sull'effetivo impatto del social reading e sui suoi possibili sviluppi.

Qualcuno si interroga anche sul futuro dello stesso social reading, che finora sembra riguardare solo una piccola minoranza di lettori forti, con un impatto sulle abitudini di lettura tutto sommato minore di quello ipotizzato qualche anno fa. C'è qualcosa che può far fare un salto di qualità al social reading?

Uno dei problemi, credo, è il modello molecolare di acquisto degli e-book (o meglio, delle loro licenze d'uso). Se e quando si passerà dall'acquisto dei singoli titoli all'abbonamento a collezioni (modello Spotify), il ruolo della piattaforma di fruizione sarà rafforzato. Alle piattaforme legate alla fruizione in streaming di collezioni di e-book, strumenti di community e di social reading serviranno in maniera molto più forte e diretta di quanto non accada con gli acquisti individuali scaricati sul proprio dispositivo di lettura. Il social reading ha senso se costituisce una componente del nostro ambiente di lettura, ne ha molto di meno se dipende da siti esterni - una lezione, del resto, che Amazon ha capito da tempo, facendo del Kindle un'estensione del sito e non solo un dispositivo su cui 'appoggiare' gli e-book.

Da questo punto di vista, continuare a lavorare sul social reading non è necessariamente una mossa sbagliata - a patto di proiettarlo verso il futuro e considerarlo come una componente di un ambiente di lettura nel quale gli stessi modelli di distribuzione e di accesso ai testi potrebbero cambiare radicalmente in un futuro non troppo lontano.




mercoledì 5 febbraio 2014

Self publishing, self promotion, self control please

Negli ultimi quattro giorni un signore che legge questo blog mi ha mandato una trentina di mail per invitarmi a leggere la sua prima e, al momento, ultima opera letteraria, autopubblicata.
Non si tratta di un errore del computer, non so un invio multiplo, o di una circostanza casuale, ponete che il gatto abbia passeggiato inavvertitamente sulla tastiera spingendo una trentina di volte il tasto invio, ma di una strategia ben precisa: le mail sono differenti ad alcune è allegato un booktrailer della durata di parecchi minuti, ad altre uno spot più breve, in altre vi è un semplice invito, in altre ancora una richiesta di recensione.
Ora a parte il fatto che, come ho già scritto tempo fa, non accetto consigli di lettura dagli sconosciuti e non scrivo recensioni, vorrei chiarire alcune cose:

- gentile signore non è che siccome, come lei stesso ha ammesso, legge il mio blog, ritiene che io debba contraccambiare leggendo il suo ebook? Abbia pazienza, se per caso fosse incorso in questo equivoco, smetta di leggermi e siamo pari.

- non pensa sarebbe il caso di cominciare a scrivere un altro romanzo? Basta con la promozione del primo. Si concentri accenda il computer, ma stacchi la connessione internet, e cominci a scrivere. poi dopo la prima stesura legga e riscriva, legga e riscriva. E' un lavoro duro, può durare anni, non si distragga e soprattutto, nel frattempo, non spedisca mail.

- dove ha pescato la sua strategia di autopromozione? Dagli operatori dei call center? Quelli che telefonano proprio quando stai per scolare la pasta o mentre stai per uscire di casa già in ritardo?
Pensa veramente che se non leggo il suo ebook dopo la prima mail abbia qualche voglia di leggerlo dopo che me ne ha spedite 10, 20 o 30?
A questo punto se anche il suo libro fosse l'ultimo rimasto sulla terra non lo leggerei. Leggerei piuttosto il bugiardino del flurbiprofene, l'orario del treno (lo faceva anche Proust, self publisher anche lui) il manuale di istruzioni della lavastoviglie.

Ma siccome voglio esser costruttiva chiedo a quelli che fanno scuola di self publishing: ma la mettete vero nei vostri corsi una parte su come promuoversi senza molestare?
Se mi chiamate vi vengo ad aiutare. Faccio il caso umano: la vittima di stalking letterario.

martedì 4 febbraio 2014

Parabole e favole

Ovvero di come non si faccia altra che parlare dell'importanza della conoscenza, della cultura, dei libri e poi...


In questi giorni ho fatto una piccola vacanza a Roma con la mia figlia undicenne.
Siamo passate davanti a Montecitorio, al Senato, questa mattina dalla fontana di Trevi siamo salite lungo la Via Dataria fino al Quirinale.
Insomma, lo confesso, sentivo anche aleggiare un certo spirito civico e un po' di compiacimento materno mentre parlavamo di camera alta, di camera bassa, del posto dove si discutono le leggi, del governo, del ruolo del presidente.
Abbiamo concluso la vacanza prendendo l'autobus per la stazione davanti al palazzo della foto, il Cremlino del Testaccio, così chiamato perché negli anni sessanta ospitava  una gloriosa sede del Pci  mentre oggi ospita le abitazioni di Enrico Letta e Giuliano Ferrara. E come parabola della sinistra direi che ci siamo.
(Ovviamente sono stata in "visita" al Cremlino romano non in quanto luogo istituzionale, o fan di Letta o di Ferrara, semplicemente alloggiavo a pochi metri di distanza)

In treno il ritorno alla realtà. Leggendo le notizie apprendo nell'ordine che:

1 - Il presidente Napolitano ha tenuto un discorso a Strasburgo nel corso del quale ha, fra l'altro,
affermato: "occorre investire in conoscenza, ricerca, preparazione dei giovani" (fonte un po' così: i fastidiosissimi tabelloni delle stazioni che trasmettono pubblicità, musica e una serie di notizie)

2 - Si parla (Corriere della sera e Repubblica) di aumentare considerevolmente la tassa su smartphone, tablet, e tutti quei dispositivi tecnologici dotati di memoria (quindi anche chiavette usb, hard disk ecc.). E potete scommetterci che c'è di mezzo la Siae. Ed è vero che per il momento hanno smentito, ma ci stanno lavorando.

3 - La possibilità di detrarre dai propri redditi le spese effettuate per l'acquisto di libri (per carità solo di carta), il cosiddetto bonus libri si è appena trasformato in un bonus librai, visto che a beneficiarne saranno gli esercizi commerciali che, a loro volta dovranno riconoscere uno sconto del 19% agli acquirenti, e non più i singoli cittadini.
Primo firmatario dell'emendamento un deputato del Pd, così per completezza di informazione. Nell'articolo del Sole 24 ore tutti i dettagli, nel post di Mantellini, Libri e cialtroni, la storia e gli "alti ideali" che avevano ispirato il provvedimento originario.

La prossima volta andiamo in vacanza ad Eurodisney, lì sono più seri, le favole le raccontano meglio.

sabato 11 gennaio 2014

Libri mai mai visti

Sono stata ad una piccola mostra che si tiene a Russi ormai da 19 anni. Si tratta di Libri mai mai visti, concorso per prototipi di libri manufatti mai editi, presentati in pubblico o recensiti organizzata dalla associazione culturale VACA (VAri Cervelli Associati).
La mostra chiude il 16 gennaio, non rimane molto tempo, ma se vi capita fateci un giretto (qui trovate tutte le informazioni e gli orari).
Il regolamento di partecipazione definisce come manufatto  un libro di forma e dimensione a piacere, eseguito con qualsiasi materiale, ed abbastanza robusto per poter essere maneggiato dal pubblico. Insomma i libri esposti  possono (anzi devono) essere toccati, aperti, sfogliati (quelli che hanno le pagine, ovviamente).
Alcuni libri sono pensati per i bambini, come la filastrocca Taglia e cuci, o la Storia del pesce bianco che voleva essere rosso, o l'elegantissimo Rime sbottonate, mentre moltissimi hanno come "lettori" di riferimento gli adulti. Penso al libro freccia che racconta la storia di Achille, all'omaggio a Man Ray, a quello dedicato all'Italia, al libro in stoffa Ricuciamo la Costituzione italiana e a tanti, tantissimi altri.
Partivo un po' prevenuta, forse influenzata da certe estenuanti discussioni sul piacere della carta, non so perché ma mi immaginavo un trionfo, una esaltazione della forma libro, mi aspettavo operazioni un po' nostalgiche invece ho trovato cose interessanti, di livelli e fatture diverse ovviamente, spesso ironiche, a volte serissime, altre volte divertenti. Ci sono libri-tovaglia, libri-abito da indossare, libri-gabbia per uccellini, libri-carillon, libri che suonano, altri di metallo, di pietra di legno, di stoffa, di plastica, di ceramica.

Mi hanno colpito Le luci nelle case degli altri di Elena Mazzotti, un libro "condominio" dove per ogni piano sono raffigurati gli inquilini ed un piccolo libro racconta la loro storia. La fattura è un po' ingenua ma mi ha fatto pensare, con le dovute proporzioni, ai giganteschi collages come La maison des locataires di Robert Doisneau nei quali il fotografo incollava sulla immagine della facciata di un palazzo le foto dei suoi interni e di chi vi abitava.

 





C'è un armadio delle fiabe che raccoglie le favole attaccapanni di Cenerentola, Pinocchio e della Sirenetta raccontate attraverso lo snodarsi di un fil di ferro



Non poteva mancare un riferimento un riferimento alla biblioterapia, ed ecco Farmaliber, un cofanetto con 7 piccoli flaconi che contengono altrettante poesie per curare aggressività, solitudine, infelicità... (e qui sì che mi sarebbe piaciuta un po' più di ironia, prendersi un po' meno sul serio)














C'è un libro a forma di volumen, in stoffa con cucite immagini di Pierpaolo Pasolini, ed è un omaggio a sua madre, Susanna Colussi













E ci sono alcuni libri, piccolini, in cui la storia, disegnata, si apre e si dipana in tutte le direzioni: in alto, in basso, a destra, a sinistra come i paperoles dei manoscritti proustiani

 


Il libro vincitore è La cantastorie: un libro pianola meccanica. Una storia illustrata che è al tempo stesso la scheda perforata della pianola. Infotografabile a causa della pessima illuminazione. Così come infotografabile è il divertentissimo Manuale minimo di sopravvivenza per i pesci. Il primo libro pensato espressamente per i pesci e per metterli in guardia dai pericoli che possono correre. Realizzato con bottiglie di plastica stirate è fatto per essere gettato in acqua.

Esiste anche un Fondo Libri mai mai visti che raccoglie una selezione dei migliori libri manufatti presentati nel corso delle varie edizioni che è già stato ospitato alla Casa Italiana Zerilli-Marimò della New York University a New York, all'Istituto Italiano di Cultura a Parigi, alla Biblioteca Classense di Ravenna, al Museo dell'Illustrazione di Ferrara, alla Biblioteca Comunale di Imola.






giovedì 9 gennaio 2014

On the road


Visualizza Passeggiate letterarie in una mappa di dimensioni 

On the road con Kerouac, oppure accompagnamo Ulisse attraverso il mediterraneo verso la irragiungibile Itaca,  a cerchiamo le eroine di Jane Austen.
O, ancora, passeggiamo per Manhattan o per Palermo facendoci guidare dalle parole degli scrittori e, infine, rileggiamo Guerra e pace seguendo passo passo la campagna di Russia.

Comincio ad aggiornare la mappa aggiungendo una serie di itinerari, percorsi e progetti di varia provenienza.
Legenda: il segnalino blu rimanda ad un singolo libro, a un singolo luogo. Il segnalino verde indica percorsi, itinerari, viaggi e progetti più articolati