sabato 21 aprile 2012

I politici, I miserabili

Pare che le elezioni presidenziali in Francia abbiano già un vincitore: Victor Hugo  e I miserabili.
Non c'è candidato che non lo citi o non dichiari di averlo letto. Ha cominciato, come ci racconta l'articolo sul Corriere della Sera La gara ad arruolare la penna di Victor Hugo, Jean-Luc Mélenchon  a febbraio, seguito da Holland che ha dichiarato I miserabili il suo libro preferito. Si sono poi aggiunti Sarkozy e Marine Le Pen.
Due cose mi sembrano particolarmente interessanti. Che in campagna elettorale si parli di libri e che si utilizzi  un libro di narrativa come il più adatto per descrivere, per raccontare la realtà.
Mélenchon ha citato un passaggio sui rivoluzionari del 1793 (Volevano la fine delle oppressioni, lavoro per l'uomo, istruzione per il fanciullo, il pane per tutti, il Progresso; erano selvaggi, sì; ma selvaggi della civiltà), Hollande racconta la situazione dei minatori di Lille per ricordare che a distanza di un secolo e mezzo la Francia non si è ancora sbarazzata della povertà e dell'ingiustizia
Sia chiaro non sono così ingenua da pensare che la sera, dopo una giornata di comizi  e campagna elettorale, i nostri candidati si rilassino con la lettura di Victor Hugo. Mi sembra però interessante che gli strateghi delle elezioni facciano parlare i loro candidati di libri. Questo presuppone come minimo che il riferimento sia capito, apprezzato sia insomma un terreno fertile, non cada nel vuoto. Presuppone, in poche parole, che il libro sia un oggetto abituale.
Io voto oramai da oltre trent'anni (non molto oltre) e non ho memoria di campagne elettorali italiane nelle quali si sia parlato di libri, o di esponenti politici che abbiano raccontato le proprie letture. Mi chiedo quale effetto potrebbe fare all'elettorato un politico che per raccontare la crisi economica raccontasse la rivolta del pane di Manzoni o per parlare del mondo del lavoro citasse La vita agra di Bianciardi.
D'altro canto, però, il burlesque per noi italiani non ha segreti

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